Il discorso programmatico del nuovo presidente Paolo Perucchini


Di seguito, il discorso programmatico del nuovo presidente della Alg al direttivo di insediamento di mercoledì 4 febbraio.

“Care colleghe, cari colleghi
vi ringrazio e non vi nascondo l’orgoglio, misto all’imbarazzo, di essere qui dove furono campioni del pensiero politico-sindacale – lombardo e nazionale - del calibro di Walter Tobagi e Giorgio Santerini. Spero di riuscire a far mio lo spirito e l’energia che da loro venne.
Permettetemi di iniziare ringraziando colui il quale, oggi, dopo più di 10 anni (era fine 2004 il suo insediamento) lascia la guida dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti. Lo voglio ringraziare personalmente per la forza d’animo, lo spinta propositiva e la caparbietà con cui, in questi anni, ha guidato la nostra Associazione. La più numerosa e importante di tutto il panorama sindacale nazionale.
Grazie, Giovanni. Grazie davvero per quello che hai fatto.
Oggi è un momento importante, di rinnovamento anche generazionale. Il cambiamento lo si fa sì con il rinnovo delle persone: ma soprattutto con il cambio di passo nelle idee e nei progetti.
Sono le logiche che devono cambiare.
Sono i programmi da sviluppare che possono fare la differenza.
Sono gli affidamenti reciproci che devono segnare un punto di svolta per tutti noi.
Purtroppo i tempi che abbiamo davanti a noi non si annunciano né semplici, né sereni.
Sarà fondamentale per il nostro mondo, quello del giornalismo, di tutta quella Lombardia capitale dell’editoria italiana, riscoprire ed accentuare i pregi e i valori della concretezza d’azione. Dobbiamo valorizzare ancor di più il concetto inclusivo dell’essere al servizio, del sindacato soggetto di rappresentanza, ma anche del sindacato portatore di valori, di progetti e di idee. Inclusività e collegialità.
Diritti da difendere, sviluppo da conseguire, occupazione da agevolare e perseguire. Sono questi i pilastri dell’azione che mi piacerebbe portare avanti in questo nostro mandato.
Il lavoro deve essere al centro della nostra azione. Rilanciare il buon lavoro: quello contrattualizzato (dentro e fuori le redazioni), quello che punta alla qualità, che deve essere retribuito adeguatamente da permettere dignità e indipendenza a chi oggi fa giornalismo: come lavoratore dipendente e come freelance. La schiena dritta non la fa solo la volontà di postura, ma anche le condizioni che circondano il lavoro del giornalista.
Rilanciare il lavoro significa poter contribuire ad invertire la tendenza fino ad oggi registrata nel nostro sistema, in termini di contrazione dell’occupazione. Ciò anche attraverso un pensiero ed un’azione, critici e propositivi, verso quella legislazione che recentemente ha cambiato e che prossimamente tenderà a cambiare le regole che governano il mondo del lavoro. Pensare che gli occupati crescano perché c’è libertà di licenziamento è un banalissimo ossimoro. Solo con gli investimenti e la costante progettualità si può sperare di farlo.
Proprio quegli investimenti e quella progettualità che, invece, sono mancati negli ultimi anni sui tavoli delle imprese e tra le idee di quella classe manageriale che ha governato le nostre aziende. Tutti grandi maghi della finanza, capaci di “fare bilancio” solo a colpi di forbice. Gravando unicamente sulle spalle di chi lavora.
No. Così non va bene. Riportiamo al centro dell’attenzione del nostro impegno le situazioni che si registrano quotidianamente nelle redazioni. Così come riportiamo al centro del nostro impegno le condizioni del lavoro autonomo. Il precariato va superato e gli abusivismi vanno estirpati.
Serve rilanciare la contrattazione, partendo dal contratto nazionale che c’è, mentre va sicuramente esplorata la strada “possibile” della compartecipazione.
E in attesa che la crisi lasci presto spazio alla ripresa, ci sarà da rimboccarsi le maniche per gestire l’impatto delle situazioni di difficoltà: più di 60 le vertenze gestite lo scorso anno dalla precedente presidenza, Oltre 70 quelle dell’anno prima ancora. Non so quante saranno nei prossimi mesi: ma dobbiamo renderci conto che il rischio che questi numeri vengano ben pesto replicati c’è ed è concreto.
Quotidiani, periodici, radio-televisioni, servizio pubblico, uffici stampa pubblici e privati, web-news, libera professione. Ma anche pensionati, disoccupati, fuoriusciti dal ciclo produttivo. Giovani e meno giovani. Uomini e donne. Qui sta il fulcro del nostro impegno. Dobbiamo essere presidio di diritti, ma anche centrale di politiche attive e funzionali per tutta la categoria.
Con un’Associazione che dovrà, dal mio punto di vista, riproporre il suo ruolo di organismo di servizi, ancor più innovativo. Se sarà capace di assolvere in modo completo, ancora più efficiente e smart (e qui la riforma dello Statuto per cui si era già concordato potrà sicuramente aiutarci), al suo compito di entità di riferimento operativo per tutti i colleghi lombardi, rappresenterà non solo il faro cui approdare nel momento del bisogno, ma anche la motivazione concreta a sostegno di una scelta attiva di partecipazione dei colleghi stessi. Su queste basi sarà più facile riconquistare al concetto di sindacato i giornalisti lombardi: perché ancor di più si avrà la certezza che la Alg c’è e funziona. Ed ha un senso. E ci sono motivazioni in più del bisogno per essere iscritti.
Proprio la capacità di risposta, di interpretazione e di proposte concrete ai bisogni della categoria dovrà mettere la Lombarda in prima fila non solo nella valorizzazione del rapporto tra associazioni territoriali e Federazione Nazionale della Stampa, ma pure in quell’attività circolare di scambio di esperienze e di idee - ormai improcrastinabile - tra tutte le associazioni territoriali che danno vita e forma alla Fnsi. Se sapremo esprimere, con un valido gioco di squadra, una proposta politico-sindacale positiva in Lombardia, immagino che la Lombarda potrà essere ancora più determinante nelle dinamiche e nel ruolo di stimolo della stessa Federazione della Stampa.
In questo solco, il rapporto con gli enti di categoria, Casagit, Inpgi, Fondo di previdenza, dovrà rafforzarsi. Così come da rafforzare è il rapporto tra la centralità dell’Associazione e i territori locali: la Lombardia è grande e, professionalmente parlando, “diffusa”. Dobbiamo essere qui, a Milano, così come in tutte e 12 le province lombarde.
Chi mi ha preceduto ha fatto tanto guidando l’Associazione. Così come importate è stato lo sforzo di chi lavora in Associazione. Chiedo loro di non cambiare la disponibilità garantita fino ad oggi. Anzi chiederò di esprimere ancor di più il loro impegno per dare, laddove ne avvertiremo la necessità, una proposta nuova di Alg. E sono convinto che la risposta sarà assolutamente positiva.
Sul tema delle relazioni tra enti, non va dimenticato il rapporto con l’Ordine. Quanto espresso e sviluppato dall’Associazione lo scorso anno con la politica di collaborazione propositiva sul fronte dei corsi di formazione con crediti è l’esempio che fare rete si può; anche con l’Odg. Ognuno nel rispetto del proprio ruolo, certo, ma tutti impegnati al servizio della categoria.
Mi fermo qui. Anche perché ho accennato a tanti, tantissimi, temi. Sicuramente ne ho dimenticato qualcuno. Vedremo però di non dimenticarcelo quando saremo tutti in piena operatività. Cioè subito.
Permettetemelo. Vengo da Bergamo e, notoriamente, la Bergamasca si dice sia terra di muratori. Abili costruttori. Spero di avere la capacità e la forza di riuscire, con l’apporto fattivo di tutti voi, a costruire ancora. Ovviamente non muri che ci dividano. Man ponti che uniscano ancor di più la categoria; per un futuro che magari non potrà ancora essere roseo a tutti gli effetti, ma se sapremo lavorare bene insieme quanto meno potrà rivelarsi meno cupo di come, oggi, la crisi e i suoi effetti, lo fanno sembrare.
Grazie a tutti ancora. Buon lavoro a tutti noi”.


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