Il Cdr del Sole agli azionisti: manca una strategia di rilancio


L’Associazione Lombarda dei Giornalisti conferma la solidarietà ai colleghi del Sole 24 Ore rispetto alla situazione che coinvolge i giornalisti e il futuro del loro giornale.

Di seguito riportiamo l’intervento del Cdr nel corso dell’assemblea degli azionisti svoltasi ieri.

Non accenna a finire la stagione più nera della storia del Sole 24 Ore. Riportiamo indietro le lancette dell’orologio a un anno fa, all’ultima assemblea di bilancio, quella che approvò i conti del 2015. Qualcuno ricorda ancora la retorica aziendale dell’ultimo miglio da percorrere? Del risanamento quasi compiuto? Dell’enfasi sui successi del primo gruppo editoriale digitale italiano? Noi vogliamo continuare a ricordarli, soprattutto alla luce di quanto poi è emerso. Dalle indagini giudiziarie alla voragine nei conti che ha condotto la società sull’orlo del fallimento. Il tutto almeno con la negligenza dell’azionista di riferimento, assente per anni, disinteressato a criteri e principi di buona gestione, molto attento invece all’uso politico dell’unico asset amministrato. La vicenda del Sole 24 Ore testimonia, in fondo, l’incapacità, tanto più drammatica perché paradigma di un intero modo di fare impresa, di una classe dirigente. E il paradigma è quello di una generale irresponsabilità, quella che porta a non sentire propria un’impresa dove non si rischiano soldi propri.
Di qui il ruolo di denuncia e di attenzione che la redazione ha nel tempo dimostrato e dovuto, anche suo malgrado rafforzare. Un ruolo che, solo pochi mesi fa, abbiamo l’ambizione sia apparso evidente nella vicenda del precedente direttore. È del tutto sconcertante che la rimozione del direttore che, non dimentichiamolo, è il vero biglietto da visita di un giornale, sia arrivata solo dopo la notizia dell’indagine a suo carico per concorso in falso in bilancio e uno sciopero a oltranza dell’intera redazione. Redazione che, peraltro, lo aveva sfiduciato sin da ottobre. Messo in aspettativa Roberto Napoletano, in attesa che il rapporto di lavoro venga definitivamente risolto, un segnale fondamentale di credibilità del nuovo corso societario è però la decisione sull’azione di responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori, di diritto o di fatto.
Potrebbe dare qualche piccolo segnale di conforto una Confindustria che, consapevole del disastro compiuto, provi almeno a porvi rimedio prima dell’insolvenza. Sapendo che al premio del controllo, tuttora ossessivamente ricercato e ribadito, deve corrispondere volontà e capacità di immettere risorse finanziarie quando l’andamento societario lo rende necessario. In realtà la ricapitalizzazione oggi all’ordine del giorno è modesta nel volume, 50 milioni a fronte di un patrimonio netto negativo ai primi 3 mesi del 2017 di 48 milioni, sconcertante nei tempi, rischia di andare semplicemente a contribuire a ripianare il debito con le banche, discutibile nelle modalità, se allarghiamo l’attenzione a tutta l’operazione di rafforzamento patrimoniale. La cessione del 49% dell’area formazione, pur con una plusvalenza importante, ai nostri occhi rischia di costituire un ulteriore impoverimento della società: si vende infatti un’area che, nei primi 3 mesi del 2017, ha ricavi in crescita del 25% e margine positivo in crescita del 50 per cento. Insomma si fa cassa con quel poco che è rimasto, magari per attenuare le difficoltà dell’azionista nel recuperare risorse.
Ma se questo riguarda le incertezze del presente, più forti sono le preoccupazioni sul futuro. I ricavi calano, oltre il 10%. Certo, anche i costi calano e quasi del doppio. Ma, prima di esultare, meglio sarebbe analizzare quali voci di costo diminuiscono in maniera considerevole: il marketing sul quotidiano, per esempio, o i costi di produzione e stampa, o, ancora, le spese per provvigioni e spese di vendita. Tutti indicatori che testimoniano la profondità della crisi. Mancano tuttora progetti di rilancio, investimenti, attenzione al prodotto. Mancano decisioni all’altezza della situazione, solo richieste di tagli pesantissimi al personale, da quello giornalistico a quello grafico e poligrafico, pesanti riduzioni delle foliazioni, un generale clima di ridimensionamento che rischia di fare prendere, nell’ansia del risparmio, scelte avventate. Una per tutte, sul formato del giornale. Oggi torna d’attualità il mini tabloid. Non è la prima volta che ne discutiamo e da parte nostra non ci sono stati e non ci sono pregiudizi, tranne uno: una scelta così importante e definitiva non può essere determinata da una pura logica di risparmio, senza un’attenta considerazione delle conseguenze per lettori e pubblicità.
In tutto il mondo l’industria dei media si interroga sul suo futuro. Non ci sono ricette semplici, tantomeno durature. L’unica certezza è che il passato non tornerà. Che Google e Facebook si mangiano miliardi di pubblicità. Che i lettori hanno una scelta pressochè infinita.
Come fare, dunque? Certamente non si può stare fermi. Chi nel contesto internazionale ha avuto i risultati migliori nel digitale lo ha fatto adattando la propria organizzazione, investendo per tempo sulle giuste tecnologie e le giuste professionalità. Mettendo al centro i contenuti e la loro qualità, che siano su una pagina web, all’interno di una app, sulla carta, sulla radio o su un take di agenzia.
Proprio quello che si diceva qui al Sole 24 Ore ai tempi della quotazione in Borsa. Una liquidità importante da investire sul futuro di un grande marchio con una posizione di vantaggio rispetto ad altri editori perchè specializzato sull’informazione economica, normativa, finanziaria. Un vantaggio enorme dilapidato, facendo del Sole 24 Ore il grande malato. Almeno a guardare i bilanci.
In tutto il mondo l’industria dei media si interroga sul suo futuro, dicevamo. Noi negli ultimi 12 mesi ci siamo dovuti occupare di tutt’altro. Ma il tempo passa lo stesso. Siamo convinti che qui dentro il valore ci sia ancora, a partire dalla professionalità della redazione. Ora però serve una strategia chiara, portata avanti con determinazione e serietà. Servono un rilancio editoriale e un rilancio digitale, che ci propongano al mercato per quello che sappiamo fare e non per lo sfacelo degli ultimi anni. Siamo stufi di essere la notizia; noi le notizie vorremmo soltanto scriverle.

Il Cdr


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